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Fare il docente: un lavoro, non una missione

Fare il docente un lavoro, non una missione

Fare il docente un lavoro, non una missione

Fare il docente: un lavoro, non una missione

Quando si parla di insegnamento, è comune sentire frasi come “essere insegnante è una missione”, “insegnare è una vocazione” o “l’insegnamento è un atto di amore”. Sebbene queste espressioni possano nascere da un sincero rispetto per il ruolo dell’insegnante, riflettono una visione distorta che rischia di sminuire la professionalità e il valore economico del lavoro docente. In realtà, fare il docente non è una missione o una vocazione: è un lavoro. E come tale, merita di essere trattato.

Professionalità e competenza

Essere insegnanti richiede una preparazione rigorosa e continua. I docenti non si limitano a trasmettere informazioni; sono esperti nella loro disciplina, capaci di adattare le loro metodologie didattiche alle esigenze degli studenti, di valutare criticamente il proprio operato e di aggiornarsi costantemente. Queste competenze non nascono da una chiamata interiore o da un altruismo innato, ma da anni di studio, formazione e pratica professionale.

Un lavoro con responsabilità precise

Insegnare significa avere responsabilità chiare e concrete: preparare le lezioni, correggere i compiti, valutare in maniera equa e imparziale, gestire la disciplina in classe, collaborare con i colleghi e mantenere una comunicazione aperta con le famiglie. Questi sono compiti che richiedono tempo, energia e impegno, e per i quali gli insegnanti sono remunerati (sottopagati). Considerare il ruolo dell’insegnante come una “missione” rischia di svalutare queste responsabilità, quasi come se fossero un atto di volontariato anziché un lavoro retribuito.

La questione della retribuzione

Parlare di insegnamento come missione alimenta l’idea che i docenti non abbiano bisogno di una retribuzione adeguata perché lavorano per passione. Questo è un mito dannoso. Nessuno si aspetterebbe che un medico, un avvocato o un ingegnere lavorino per un compenso simbolico perché “amano” il loro lavoro. Lo stesso vale per i docenti. Un insegnante che lavora con passione e dedizione, come in qualsiasi altra professione, merita di essere pagato in modo adeguato e rispettato come un professionista. Insistere sul concetto di missione serve solo a giustificare stipendi bassi e condizioni lavorative difficili.

Il riconoscimento del lavoro

Riconoscere l’insegnamento come un lavoro e non come una missione significa anche promuovere condizioni lavorative migliori. Significa garantire classi meno affollate, un supporto adeguato per gli studenti con bisogni educativi speciali, risorse didattiche moderne e aggiornate, e una formazione continua di qualità. Significa, inoltre, lottare contro il precariato che affligge tanti insegnanti, soprattutto giovani, costretti a vivere in una perenne incertezza lavorativa.

La dignità del lavoro docente

In definitiva, fare il docente è un lavoro. Un lavoro complesso, che richiede competenze specialistiche, responsabilità significative e un impegno costante. Trattarlo come una missione è un modo per sminuire la professionalità degli insegnanti, per giustificare condizioni lavorative spesso inadeguate e per minimizzare l’importanza di una giusta retribuzione. Riconoscere il valore del lavoro docente non significa sminuire l’amore e la passione che tanti insegnanti mettono nel loro mestiere, ma sottolineare che questi non possono sostituire il riconoscimento professionale e materiale che ogni lavoratore merita.

Gli insegnanti non sono missionari: sono professionisti. Ed è ora che questa realtà sia riconosciuta pienamente dalla società.

Invito pertanto i colleghi che insistono nel considerare l’insegnamento una missione a riflettere sulla possibilità di trasferirsi in quei Paesi dove il loro spirito missionario sarebbe davvero necessario, dimettendosi dal loro incarico attuale e mettendo le loro energie al servizio di contesti che necessitano di tale dedizione.

Prof. Marco Monzù Rossello

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